domenica 13 novembre 2011

IL TESORO NASCOSTO

di Sergio Fenizia
Pubblicato sul mensile Fogli, n. 365, gennaio 2011, pp. 8 9.

L’alunna aveva le lacrime agli occhi. Goccioloni così grandi l’insegnante non ne aveva visti spesso. «Maestra, papà mi dice una cosa, invece mamma me ne dice un’altra... Ma io come faccio a sapere chi ha ragione?». L’ultima frase, l’aveva scandita quasi alzando la voce, con un tono misto di sconforto e di nervosismo. Erano in corridoio, appena fuori dall’aula, con la porta semiaperta (bisognava contemporaneamente dare un occhio al resto della classe).
La questione su cui i genitori le avevano dato risposte contrastanti era di importanza notevole, molto più di quello che la sua breve esperienza di vita le consentisse di intuire. Ma ciò che tormentava il suo cuore non era tanto la ricerca della soluzione in sé, quanto il dolore derivante dall’avere intuito che i suoi genitori erano in disaccordo su una questione importante.
Le persone che più amava al mondo, il cui amore (anche quello reciproco) era alla base della sua sicurezza e della sua felicità, le persone che erano la sua principale fonte di comprensione della realtà, ancora prima dell’insegnante o della catechista, queste persone le offrivano due visioni inconciliabili del medesimo fatto. La logica è logica, anche per i più piccoli: c’era qualcosa – e di grave – che non funzionava. 

"Le persone che più amava al mondo,
le offrivano due visioni inconciliabili
del medesimo fatto.
La logica è logica, anche per i più piccoli:
c’era qualcosa – e di grave – che non funzionava"
La maestra si guardò dallo sciogliere il suo dubbio, ritenendo più opportuno alimentare in lei la fiducia nei genitori e la speranza che col passare del tempo avrebbe visto in una luce diversa ciò che adesso le appariva una contraddizione insanabile.
In fondo, nei mesi precedenti, non le erano apparsi inizialmente incomprensibili anche certi difficili argomenti di studio o certi comportamenti delle compagne e degli stessi insegnanti? E poi, alla fine, non si era forse chiarito tutto? La breve esperienza che abbiamo riferito consente di collocare il docente nel giusto ruolo di collaboratore della famiglia.
Il che è possibile quando si hanno le idee ben chiare circa l’educazione personalizzata. Un sistema educativo che non si può improvvisare. Gli istituti che lo adottano, infatti, offrono periodicamente ai propri docenti una serie di occasioni formative che sviluppano un’adeguata sensibilità verso le necessità dei singoli alunni e un prezioso atteggiamento di studio verso le difficoltà che si incontrano nel percorso educativo. Difficoltà che, se affrontante in una prospettiva di collaborazione tra scuola e famiglia, trovano sempre una soluzione che, se non è quella attesa in prima battuta, sarà comunque la migliore tra quelle possibili, proprio grazie a tale modo di impostare il lavoro. Questa collaborazione, che presuppone una fiducia reciproca tra genitori e insegnanti, oltre che la condivisione di punti fermi sul piano antropologico, è un tesoro nascosto (per il quale rinunciare a molte altre cose) che ogni famiglia dovrebbe cercare nell’ampio panorama delle offerte formative della scuola italiana.
Un panorama che a partire dalla svolta del 2000 (quella sulla parità scolastica) si sta lentamente avviando verso una reale varietà e pluralità, lasciandosi indietro l’ormai sempre più obsoleto monopolio statale dell’istruzione-educazione.
Non solo a ogni cambio di ciclo, ma costantemente i genitori dovrebbero chiedersi: qual è la scuola che mi offre le migliori garanzie di dialogo costruttivo? Qual è la scuola nella quale si vive il progetto educativo che maggiormente si avvicina all’ideale di uomo e di donna che ho per mio figlio o per mia figlia? Qual è la scuola che mi aiuterà a essere un migliore genitore?
La scuola i cui insegnanti sapranno instaurare con me e con i miei figli una comunicazione spontanea, sincera, che non si limiti al «potrebbe fare di più» ecc.?
E non basta leggere il progetto nel sito web dell’istituto, occorre verificare in presa diretta che sia condiviso e vissuto dal primo all’ultimo dei dipendenti, docenti e non docenti.

Sappiamo di parlare di una merce rara. Infatti, i radicali cambiamenti della società degli ultimi decenni hanno, ovviamente, investito anche la famiglia e la scuola. Come è stato più volte ribadito, è fortemente diminuita quell’attenzione che ogni generazione in passato aveva tendenzialmente sempre avuto per l’educazione delle generazioni successive. È stato detto che oggi la qualità dell’educazione e, in alcuni casi, la stessa possibilità di educare non sono più un dato scontato. Al contempo, a nessuno sfugge l’importanza che l’educazione riveste per il bene dei singoli e della società. A scuola non è difficile raccogliere esperienze che manifestino come anche gli stessi risultati strettamente disciplinari siano in vario modo dipendenti dall’educazione che il figlio/alunno ha ricevuto in famiglia.
"Qual è la scuola che mi offre
le migliori garanzie di dialogo costruttivo?
Qual è la scuola che mi aiuterà
a essere un migliore genitore?"

Si pensi, per esempio, alla capacità di ascolto, una delle principali fonti di apprendimento per un alunno. Per quanto a scuola ci si sforzi di offrire agli alunni le migliori opportunità, queste resteranno largamente infruttuose laddove, soprattutto in famiglia, non si saranno messi tempestivamente i mezzi per sviluppare nel bambino le qualità umane che favoriscano lo sviluppo di quella capacità. Non è un caso che dal più recente rapporto Ocse-Pisa sull’apprendimento dei bambini si evinca, tra le altre cose, che i risultati migliori si riscontrano quando i genitori parlano con i figli piuttosto che quando leggono loro libri o quando li lasciano intrattenersi con giochi più o meno «intelligenti». La maestra alla quale abbiamo dedicato le righe precedenti sa certamente ascoltare. Probabilmente saprà anche insegnare (a genitori e figli) come ascoltare e, soprattutto, perché ascoltare.

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