L’approssimarsi della data in cui formalizzare le preiscrizioni
per il successivo anno scolastico, induce a concentrare le proprie riflessioni
precisamente sulla scelta della scuola, tema di cui ci siamo occupati più volte
su queste pagine cercando di additare i criteri in base ai quali orientarsi.
La scelta dipende dalle priorità di ciascun genitore; priorità
che sono espressione del suo modo di vedere la vita, dei suoi valori, di ciò
che ritiene importante per la propria vita e per quella dei figli. Ed è giusto che
sia così. Ciascuno deve scegliere sulla base di quelli che alla propria coscienza
si presentano come valori fondamentali.
A tal proposito, il fatto che in testi giuridici di indiscussa
rilevanza, come la Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo (art. 26), si
metta in evidenza che il diritto dei genitori di scegliere l’educazione che
preferiscono per i propri figli è tra quelli considerati fondamentali, cioè tra
quelli che nessuna autorità, nemmeno statale, può negare o manipolare, questo fatto,
dicevamo, aiuta molti genitori a percepire il momento della scelta della scuola
come uno di quelli più forti, da affrontare quindi con la necessaria
ponderazione.
Volendo semplificare il discorso, a seconda del punto di
vista adottato, la scuola «migliore» per i propri figli sarà cercata tra quelle
in cui il pargolo potrà conoscere i coetanei che probabilmente domani
occuperanno i vertici di certi settori del mondo lavorativo grazie, soprattutto,
alla propria posizione sociale. In questo caso ci si orienterà verso un liceo
classico o scientifico statale di un quartiere «bene» della città. Le qualità
morali e la weltanschauung dei
docenti, in questo caso, scivoleranno in secondo o terzo piano.
Sulla base di
altri punti di vista, invece, ci si orienterà verso una scuola in cui il corpo
docente offre maggiori garanzie affinché il proprio figlio possa aspirare ad
acquisire in prima persona le qualità morali, caratteriali, intellettuali, professionali
ecc., per svolgere nella società e nella famiglia il ruolo più adatto alle
proprie doti e ai propri talenti di varia natura. In questi casi, il giudizio sulle
caratteristiche del corpo docente avrà una rilevanza determinante, certamente
superiore a quello sulle condizioni socioeconomiche degli eventuali compagni di
classe del figlio.
Volendo arricchire adesso la proposta di spunti per una
scelta responsabile, ne offriamo uno tratto da una biografia di san Giovanni
Maria Vianney, quella scritta da François Trochu, Il Curato d’Ars.
In una certa occasione, una donna di scarse condizioni economiche
(ma, evidentemente, con grandi ambizioni), era ricorsa al suo consiglio in
relazione a una questione che toccava la propria responsabilità educativa. Si
trattava della scelta dei mezzi che avrebbero potuto maggiormente garantire una
vita felice al proprio figlio. Le sue scarse risorse economiche, era meglio
investirle in un gruzzolo che un domani avrebbe potuto consentire una certa
sicurezza economica? Oppure era meglio spenderle subito per educare il figlio
in una buona scuola, una scuola cioè che avesse i suoi stessi princìpi
educativi?
Il santo non aveva dubbi: la scelta più prudente e
lungimirante era certamente questa.
Si tratta di una conferma del fatto che i risultati migliori
sono legati più alla qualità della comunità educante (in primo luogo i docenti)
che alla qualità di strutture materiali e organizzative.
Contano soprattutto, quindi, la tenuta e i valori di riferimento
della comunità educante in cui il genitore si inserisce e in cui inserisce il
proprio figlio. Non va dimenticato, infatti, che anche il genitore si troverà a
svolgere un ruolo specifico, diverso da quello del figlio, all’interno di
quella comunità, la cui qualità dipenderà anche dal suo contributo personale.
Un secondo spunto che desideriamo offrire, riguarda le
«minoranze creative» a cui ha fatto riferimento anche Benedetto XVI in alcune
occasioni. Alla luce di questo concetto, i genitori possono chiedersi che esempio
voglio dare ai propri figli. In una società che si frantuma, nella quale non è
di moda prendere posizione su questioni di fondo, in un tale contesto vale la
pena «complicarsi» la vita scegliendo di appartenere a una minoranza creativa?
A una minoranza di genitori che scelgono di giocarsi il proprio ruolo educativo
unendo le proprie forze a quelle di pochi altri, per dare vita a scuole che
siano realmente tali, e che «facciano scuola», che si pongano cioè – senza
presunzione – come modello tendenziale anche per altre scuole? Nella
consapevolezza che queste altre, forse, non possono contare su uno zoccolo duro
di genitori uniti e sicuri dei propri valori basilari? E che necessariamente
sono più esposte alla forza delle mode o alla pressione impalpabile di lobby internazionali che operano per
fini che, a volte, sono in antitesi con quelli delle famiglie?
Le «minoranze creative», come ha scritto qualcuno, sono
espressione di una risposta attiva e costruttiva di fronte a una crisi di
civiltà, una risposta che permette a quella civiltà di rinascere. Se è vero che
normalmente sono le minoranze creative che determinano il futuro, ciò vale
anche per la scuola. Il suo futuro dipende quindi da genitori come questi, che
accettano la fatica di prendere in mano le redini dell’educazione scolastica
dei propri figli, favorendo l’aggregarsi di altri genitori attorno a progetti
educativi ben definiti, che possano essere liberamente scelti da insegnanti e
dirigenti scolastici nell’esercizio del loro diritto alla libertà di
insegnamento.
Il valore esemplare di scelte di questo tipo è
potenzialmente dirompente. Un figlio di tali genitori avrà certamente una
marcia in più per essere nella società un elemento propulsore, innovativo,
creativo.
Condivido in pieno il concetto che "i risultati migliori sono legati più alla qualità della comunità educante (in primo luogo i docenti) che alla qualità di strutture materiali e organizzative.". Un'altra sottolineatura che mi viene spontaneo fare è la considerazione di quanto possa risultare determinante in un senso o nell'altro il condizionamento dei genitori, per questo è necessario assumersi l'impegno della scelta della scuola con grande responsabilità.
RispondiEliminaGrazie delle sottolineature, Monica.
EliminaIn futuro mi piacerebbe riflettere sugli elementi che maggiormente incidono sulla qualità di una comunità educante.
Ne approfitto per fare gli auguri di un santo Natale a te e a chi leggerà queste pagine.
Rifletterò volentieri con te sull'argomento.
RispondiEliminaGrazie, ricambio gli auguri per un Natale di stupore nel silenzio.
Ciao Sergio, concordo anch'io con quanto sottolineato sopra da Monica, aggiungendo che quella delle 'minoranze creative' è un'occasione per riflettere sul ruolo che hanno ancora parole come 'originalità' e 'unicità' in un ambiente scolastico ormai uniformante e 'livellante' sotto tutti i punti di vista della formazione personale!
RispondiEliminaRingraziandoti sempre per queste occasioni di riflessione, auguro a te e a Monica, che trovo spesso in queste tue pagine, un Natale Sereno e un anno pieno di ogni cosa Buona.
Un abbraccio: MRita
Ciao, Maria Rita.
EliminaGrazie degli auguri (che ricambio!) e del commento. Il tuo riferimento ai concetti di 'originalità' e 'unicità' mi conferma nell'idea che nella scuola pubblica si debba accelerare la progressiva apertura di spazi sempre maggiori di sussidiarietà: le più varie realtà sociali (soprattutto di famiglie) devono poter dare vita a comunità educanti ben caratterizzate da specifici valori culturali, religiosi, ecc., pur nel rispetto di un minimo che sia comune a tutte le scuole.
Ancora auguri di un santo Natale.
Grazie cara Maria Rita, lo stesso augurio valga per i tuoi buoni desideri!
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