venerdì 16 dicembre 2011

COMPITI ESTIVI: NON UN OBBLIGO, MA UN DIRITTO

di Sergio Fenizia
Pubblicato sul mensile Fogli, n. 371-372, luglio-agosto 2011, pp. 26-27.

Se a luglio molte scuole sono chiuse, altre ospitano «laboratori estivi», «tempi d’estate» che aiutano tanti giovani a rendere più ricca e costruttiva una parte delle loro vacanze. Vacanze di tre mesi, che una volta erano addirittura quattro, quando le scuole riaprivano a ottobre e gli alunni – si sente dire in giro – «imparavano di più, stando tra i banchi di meno». 
Non abbiamo i dati per confermare il fondamento di queste voci, né ci sembra ragionevole conferire all’equazione un valore assoluto, ma non ignoriamo che molti studenti durante l’anno scolastico trascorrono tra le mura del proprio istituto una quantità di ore a volte inversamente proporzionale al profitto che ne traggono.

Avviene a volte che per il fatto di essere realizzati a scuola e per il fatto di essere diretti da professori dell’istituto, molti corsi ricevano una patente di serietà, che però risulta scaduta. Infatti, a fronte di iniziative esigenti e ben calibrate sulle capacità dei partecipanti, molte altre rischiano di ridursi a una mera occasione di socializzazione. 
 
Per i «tempi d’estate», soprattutto quelli rivolti ai più piccoli, il discorso è diverso. Per esempio, prevedono di solito un piccolo corrispettivo da parte delle famiglie. Il che comporta un atteggiamento di maggiore serietà nei partecipanti e l’instaurarsi di un rapporto reciprocamente stimolante per i genitori e per gli animatori. 
 
L’argomento, però, che rende più caldo il periodo estivo, è quello dei compiti per le vacanze. L’èra digitale sta producendo anche da noi cambiamenti che ne toccano sia la sostanza sia la forma. Tra le modalità con le quali vengono comunicati, resiste ancora il classico foglio consegnato insieme alla pagella. In modo più o meno sistematico, vi sono elencate attività orali e scritte, libri o autori, film o siti web ecc. 
 
Non mancano le sorprese (con valenza interdisciplinare), come quella di compiti di matematica corredati da una poesia attribuita a Trilussa: «Conterò poco, è vero / – diceva l’Uno ar Zero / – ma tu che vali? Gnente: proprio gnente… / Sia ne l’azzione come ner pensiero / rimani un coso voto e inconcrudente. / Io, invece, se me metto a capofila / de cinque zeri tale e quale a te, / lo sai quanto divento? Centomila. / È questione de nummeri. A un dispresso / è quello che succede ar didattatore / che cresce de potenza e de valore / più so’ li zeri che je vanno appresso». 

Sempre più frequentemente, però, si trovano docenti che, a prescindere dalla materia di insegnamento, durante l’anno si sono impegnati nell’orientare i propri alunni verso un uso non solo critico, ma anche creativo delle risorse messe a disposizione dal web, senza lasciarsi sfuggire l’opportunità di favorire anche una maturazione dei propri allievi sotto il profilo morale ed etico, per ciò che attiene all’uso delle nuove tecnologie.

Se durante l’attività ordinaria hanno fatto ricorso a questi mezzi straordinari, è normale che vedano nelle innumerevoli potenzialità del web un «luogo» ideale per continuare un dialogo che durante l’estate non potrà non riguardare anche gli eventuali compiti.

In alcuni casi può scattare il desiderio di offrire ai propri studenti anche la possibilità di un confronto in itinere, che ha i suoi vantaggi, ma che difficilmente potrà sostituire in toto quelli di un sano periodo di stacco dall’ordinario lavoro disciplinare. Uno stacco (almeno di qualche giorno) anche dai social network. Un impegno in altre attività che potrebbe dare frutti sorprendenti come quelli che produceva in chi tornava a scuola dopo i quattro lunghi mesi di vacanza, durante i quali forse aveva svolto pochi «compiti», ma aveva visto, ammirato, ascoltato, fatto, costruito, sperimentato, letto… una parte della realtà che lo circondava e ne era rimasto conquistato. Quattro mesi trascorsi con un atteggiamento da esploratore risultavano un potente moltiplicatore dei benefici dei mesi scolastici seguenti. 

Non manca chi si chiede se sia davvero formativo assegnare compiti estivi. Alcuni ne sono fautori, perché così «i figli hanno qualcosa di costruttivo da fare». Altri li temono, pensando allo stress del completamento negli ultimi giorni utili. C’è chi sottolinea che la continuità nello studio per i bambini sia necessaria per non perdere le abilità acquisite e per mantenere un’adeguata elasticità mentale, ma c’è chi ritiene che tutto ciò possa essere realizzato attraverso un sano contatto con la natura o con la strada. C’è chi raccomanda di applicarsi agli eventuali compiti con regolarità («un’ora al giorno», «un giorno sì e uno no»…), c’è chi invece guarda alla completezza finale… 

Non saremo certo noi a mettere l’ultima parola su questioni che vanno comunque studiate alla luce delle circostanze personali, familiari ecc. Ma, nei casi in cui vengono assegnati, i compiti dovrebbero essere visti come un diritto dello studente e costituire per lui un dovere più che un obbligo imposto dall’esterno. Dovrebbero integrare e alimentare (e non sostituire o asfissiare) la naturale maturazione di ogni bambino e ragazzo, in un clima di gioiosa e crescente autonomia, col sostegno fondamentale della famiglia. Infatti, è in famiglia che si potranno mettere le migliori basi affinché le vacanze dei figli comportino un vero riposo, in cui trovi il giusto equilibrio tutto ciò che contribuisce alla crescita fisica, intellettuale, spirituale di un giovane. 

La centralità della famiglia, sotto altri profili, sembra presente anche nell’orizzonte di chi recentemente ha proposto per la regione Lazio la legge «Interventi per garantire la libertà di scelta educativa e formativa della famiglia». I promotori, Olimpia Tarzia (Lp) e Giancarlo Miele (Pdl), hanno l’obiettivo di «garantire il diritto di libertà di scelta educativa dei genitori, concorrendo agli oneri che gravano sulle famiglie che intendono iscrivere i propri figli alla scuola non statale». Un buono scuola dovrebbe coprire, almeno parzialmente, le spese di iscrizione e per le attività ordinarie.

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