sabato 3 dicembre 2011

DISPERSIONE SCOLASTICA: DIAGNOSI & TERAPIA

di Sergio Fenizia
Pubblicato sul mensile Fogli, n. 370, giugno 2011, pp. 6-7.

L’attenzione dei mass media, soprattutto nella prima decade del mese scorso, è stata polarizzata dalla pubblicazione del «2° Rapporto sulla qualità nella scuola», presentato da Tuttoscuola, il mensile diretto da Giovanni Vinciguerra, il 5 maggio nella sala conferenze della Enciclopedia italiana a Roma, alla presenza di un pubblico nutrito e qualificato. Tra le personalità di spicco c’erano il ministro dell’istruzione Mariastella Gelmini e il presidente del Censis Giuseppe De Rita, due ex ministri della Pubblica istruzione, Gerardo Bianco e Tullio De Mauro, e altri responsabili di enti del settore.

Il dibattito dei giorni successivi è stato ricco quanto costruttivo anche perché si è articolato a partire da una base che a molti è parsa chiara, solida, oggettiva. Il Rapporto infatti non ha deluso le aspettative di quanti avevano apprezzato l’edizione del 2007. Attraverso 96 indicatori, la ricerca offre elementi concreti per una possibile misura delle aree di eccellenza e di criticità di una parte consistente del sistema d’istruzione italiano.

Molti organi di stampa hanno dato spazio soprattutto agli aspetti che più colpiscono l’opinione pubblica, come la classifica delle varie province che ha registrato il primato di Biella a scapito di Forlì-Cesena, che invece era in testa nel 2007. Tra le regioni, il Piemonte ha conquistato il primo posto che invece era dell’Emilia-Romagna. Tra le aree geografiche, il Nord Ovest si è confermato in prima posizione, davanti – nell’ordine – al Nord Est, al Centro, al Sud e alle Isole.
Ma gli osservatori più attenti sanno bene che, sebbene gli indicatori di qualità utilizzati siano stati abbastanza numerosi e abbiano consentito di mettere a confronto, su basi omogenee, i dati recenti con quelli del 2007, gli esperti di Tuttoscuola hanno puntato a offrire «una più documentata consapevolezza dei limiti e delle potenzialità del sistema [scolastico] che aiuti operatori e decisori a meglio individuare le priorità d’intervento».

«Il Rapporto», riporta il mensile, «non ha la pretesa di elaborare una valutazione scientifica della qualità della scuola – che sarebbe impossibile con i dati a disposizione, almeno quelli pubblici – ma si limita a offrire elementi quantitativi, tutti tratti da fonti ufficiali, per una misurazione empirica della qualità nella scuola sulla base degli indicatori individuati».

E se alcuni hanno sottolineato che occorre «prendere con le molle» la classifica che emerge dal Rapporto e che, per esempio, l’elevata percentuale di voti altissimi tra i diplomati della Calabria contrasta eccessivamente con i risultati ben più modesti ottenuti dagli studenti della Lombardia, altri preferiscono sottolineare «la correttezza e la trasparenza con la quale i dati sono stati raccolti e presentati».

«Nel triennio 2007-2010 il sistema scolastico del Sud ha fatto meglio [in relazione ai dati precedenti] del Nord e del Centro, recuperando – pur nella conferma di alcune forti criticità – parte degli storici ritardi che lo affliggono», si legge tra le conclusioni del Rapporto. Il miglioramento è stato registrato soprattutto in relazione a parametri come la dispersione scolastica, il valore del patrimonio delle scuole, il precariato, i trasferimenti del personale, il numero di alunni per classe (nelle scuole superiori), le mense scolastiche.

Un dato non adeguatamente evidenziato nei commenti che abbiamo letto è relativo proprio alla dispersione scolastica, che «a livello nazionale nella scuola statale a fine ciclo si è ridotta rispetto a tre anni prima del 2,2%» con risultati migliori al Sud. Come sottolinea Tuttoscuola, però, una parte dei giovani che abbandona quella statale «continua a studiare nella scuola non statale o nei percorsi di istruzione e formazione professionale (circa 70 mila – si stima – dei 190 mila dispersi ogni anno nella scuola statale), mentre gli altri (ben 120 mila) abbandonano completamente lo studio».

«Ma è analizzando i dati del primo biennio delle superiori (cioè relativi agli studenti che hanno iniziato un nuovo quinquennio rispetto a quello prima misurato) che salta fuori un trend inaspettato. La dispersione dopo i primi due anni delle superiori è in controtendenza, essendo aumentata tra il 2007 e il 2010 di oltre un punto percentuale, lasciando prevedere possibili innalzamenti dei livelli finali di dispersione al termine dell’intero quinquennio». Sembra quindi che la «piaga» della dispersione scolastica stia riprendendo ad allargarsi. Attualmente, agli estremi del dato medio di abbandoni dopo il primo biennio (16,7%) ci sono Ancona e Perugia (7,4%), e dall’altra parte Novara (33,9%), Cagliari (27,1%), Prato (26,3%).

Il ministro Gelmini ha ricordato che in questi anni sono stati coinvolti in iniziative contro la dispersione scolastica un milione e 139 mila studenti. Ma risultati ancora migliori si otterrebbero investendo sugli insegnanti e sui genitori. Infatti l’esperienza insegna che laddove il clima tra i docenti è buono e la collaborazione tra scuola e famiglia si basa su una reciproca stima e fiducia, i ragazzi seguono a ruota e la stessa dispersione cala drasticamente. In questa prospettiva, l’annunciata stabilizzazione di 65 mila precari a partire già dal prossimo anno scolastico è una buona notizia, perché riduce una «piaga» ben peggiore di quella della dispersione e perché pone le premesse per un lavoro d’istruzione e di educazione realizzato da persone più serene, a beneficio degli alunni e quindi delle famiglie e di tutta la società.

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