di Sergio Fenizia
Pubblicato sul mensile Fogli, n. 378, febbraio 2012, pp. 8-9
Fonte: http://www.meetingmostre.com/index.php |
«L’evento più significativo degli ultimi 150 anni di
storia dell’Unità d’Italia è la capacità del popolo di reagire alle divisioni e
ai contrasti sviluppando una via del bene, libera e creativa». Così l’agenzia Zenit presentava la mostra inaugurata ad
agosto, al Meeting di Rimini, dal Presidente Giorgio Napolitano: «150 Anni di
Sussidiarietà. Le forze che cambiano la storia sono le stesse che cambiano il
cuore dell’uomo», a cura della Fondazione per la Sussidiarietà.
Tra i motivi di interesse suggeriti c’è il fatto che «i
150 anni di storia italiana sono guardati e riletti alla luce di quella che si
può chiamare “l’anomalia sussidiaria” dell’Italia − cioè l’iniziativa di tanti
“io” che dal basso e liberamente si sono messi insieme e hanno collaborato a
costruire la storia del nostro Paese».
La mostra documenta una ricca serie di «realtà sociali ed
economiche, frutto di energia costruttiva, inventiva, sussidiarietà e
solidarietà», espressione di una cultura fondata sulla convinzione che ogni
singolo uomo abbia un valore incommensurabile. «Questa concezione di uomo ha
dato vita a una grande civiltà, che precede il formarsi dello Stato unitario,
ricca di diversità unificanti, alla quale hanno contribuito tutti gli italiani,
in diversi modi, con il loro lavoro, le loro millenarie tradizioni, il loro
impegno sociale e politico, costruendo un grande Paese».
La mostra offre anche spunti di riflessione
sull’insufficienza del richiamo all’importanza «del rispetto delle regole», e
sulla necessità di «scommettere sul desiderio e la capacità di ogni singola
persona di costruire il bene comune» prendendo coscienza di sé e del proprio
valore.
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«Anche oggi, ciò che ha qualificato il secolare sviluppo italiano
– l’azione di persone educate a vivere ideali basati su una concezione non
ridotta di uomo, di società, di economia – può quindi ricostituire il tessuto connettivo
di un popolo fatto da persone che si mettono insieme […] per costruire giorno
per giorno pezzi di vita […] all’altezza dei desideri più profondi, di verità,
giustizia, bellezza, felicità…».
Un invito particolarmente appetibile per gli insegnanti. Infatti, proprio per le scuole è prevista una versione ridotta
di circa 18 manifesti (formato 50x70) e 4 video.
La consapevolezza di poter essere protagonisti – con il ruolo
speciale derivante dalla loro professione – di una storia che nasce ben prima
dei 150 anni che si stanno commemorando, e il desiderio di contribuire
attivamente alla continua costruzione di questa civiltà, può rendere meno
insopportabili ai giovani futuri insegnanti le pene che stanno soffrendo per il
proprio inserimento nel mondo della scuola.
La speranza è che il nuovo ministro dell’istruzione,
Francesco Profumo, che è stato cauto su questioni complesse come l’abolizione
del valore legale delle lauree, possa dare un’accelerata almeno a tutto quanto concerne
i prossimi concorsi a cattedre, con la conseguente probabile assunzione di
insegnanti che non solo abbassino l’età media dei nostri docenti, ma che
soprattutto siano ben motivati.
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Non è facile conciliare questa esigenza con lo
svuotamento delle graduatorie. Le norme in vigore fanno riferimento al «doppio
canale» (50% dei posti da coprire attraverso le graduatorie a esaurimento e 50%
attraverso i vincitori del concorso). Ma il ministro Profumo ha ventilato una
possibile variazione delle proporzioni, a favore dei precari.
Il rischio è di penalizzare ulteriormente i giovani
laureati non ancora abilitati, che già da mesi attendevano l’attivazione dei
TFA, i cui posti rischierebbero inoltre di ridursi ulteriormente.
La questione più interessante però, da un punto di vista
strategico, per il bene della scuola, rimane quella già in passato accennata:
l’apertura a una reale autonomia, che possa consentire maggiori margini di libertà
nella scelta dei docenti da parte delle scuole e delle scuole da parte dei
docenti. I criteri di assegnazione degli insegnanti alle varie istituzioni
dovrebbero tenere maggiormente in conto l’esigenza che nelle varie scuole si
possa creare (o consolidare) quel clima di «comunità educante» che tra le sue
condizioni ha quella di una reale condivisione di un progetto educativo, se non
tra genitori e insegnanti, almeno tra gli insegnanti e tra questi e i gestori o
dirigenti scolastici.
Il sistema tradizionale nella scuola statale ha sempre visto
insegnanti che scelgono (la scuola più vicina) e le scuole che assistono
passivamente alle scelte. Ma come ha ben evidenziato il mensile Tuttoscuola, è «assai più coerente con
il principio dell’autonomia responsabile delle scuole, [un sistema] che cerca
un punto di incontro tra domanda e offerta, ferma restando la copertura finale
di tutti i posti disponibili». Inoltre, «per ridare energia al sistema scolastico
c’è bisogno di un progetto politico che sappia conciliare l’obiettivo della qualificazione
della spesa, con l’esigenza di fare accedere all’insegnamento i soggetti più
motivati e qualificati, [e] di stabilizzare il personale docente».
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Sul versante della maggiore consapevolezza e facilità della
scelta della scuola da parte delle famiglie (da effettuare entro il 20
febbraio, per le prime classi), una piccola novità è costituita dalla nuova
applicazione del MIUR, «La scuola in chiaro», che vuole offrire la possibilità
di visionare i dati più significativi delle istituzioni scolastiche di ogni
ordine e grado e di effettuare le iscrizioni on line. Le informazioni aggiuntive
(P.O.F., orari di funzionamento, orari di ricevimento ecc.) comunque
difficilmente potranno sostituire la conoscenza personale e diretta di
insegnanti e dirigenti, che resta la modalità più sicura per avere il polso
reale della qualità di una scuola.
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