di Sergio Fenizia
Pubblicato sul mensile Fogli, n. 379, marzo
2012, pp. 8-9
La dimensione narrativa dell’esistenza ha un
fascino misterioso. Ogni persona, sin dalla più tenera età, sente il desiderio
di raccontare in un modo o in un altro aspetti del proprio vissuto. E al
contempo sperimenta un’attrazione per il racconto del vissuto autentico di
altre persone.
Le modalità in cui si manifesta tale
disposizione variano molto, e anche a scuola si notano parecchie differenze,
tra alunni e alunne; ma anche tra persone dello stesso sesso, il temperamento
di ciascuno caratterizza l’ampiezza e la profondità di ciò che si decide di
condividere, l’intensità e sensibilità con cui si rappresentano le vicende o si
ascoltano quelle degli altri. Ma il dato comune è che a tutti interessa questa
dimensione della comunicazione umana.
Ne parliamo qui non per riferire degli studi
che approfondiscono il tema da varie angolazioni: da quella psicologica a
quella medica, da quella letteraria a quella cinematografica, per citarne solo alcune.
Ne parliamo per fare eco a un’iniziativa nata nell’àmbito di quel settore della
formazione che tende a valorizzare le dinamiche orizzontali e di autoformazione.
Ci riferiamo al progetto «Storie di didattica – La scuola che si racconta», un’iniziativa
del network di insegnanti, formatori ed educatori La scuola che funziona. Al momento in cui scriviamo, infatti, è
imminente l’apertura (annunciata per metà febbraio) di un Portale dedicato al
progetto all’indirizzo www.storiedididattica.it.
In verità, quando si sente parlare di
progetti, in àmbito scolastico, l’immaginazione corre subito a insegnanti che
cercano di arrotondare il magro stipendio con attività aggiuntive, pagate a
parte. Attività che possono arricchire l’offerta formativa, ma che possono
anche annacquarla, nei casi in cui distolgono – docenti o discenti – da quelle curriculari.
Diversamente dalla maggior parte dei classici
progetti, finanziati nell’àmbito di Pon, Por, ecc., «Storie di didattica» non è
rivolto agli alunni, né ai loro genitori, anche se entrambi ne beneficeranno indirettamente.
I destinatari della proposta de La scuola
che funziona sono gli stessi docenti, di ogni ordine e grado, dalla scuola materna
alla secondaria, senza escludere le realtà formative per adulti e l’università.
Docenti che abbiano il desiderio di raccontare un’esperienza didattica ritenuta
significativa. Che vogliano condividere un momento della vita di classe, mettendo
a disposizione di altri colleghi (o educatori in genere) la ricchezza di quanto
hanno sperimentato, osservato, assorbito, assaporato, apprezzato… in anni di
esperienza.
Nota peculiare dell’iniziativa è la gratuità.
Lo staff che gestisce il progetto non percepire alcuna remunerazione. Si tratta
di una dozzina di insegnanti, di varie città italiane. Per diversi mesi hanno
collaborato attraverso la piattaforma messa a disposizione dal network ideato
un paio d’anni fa da Gianni Marconato, psicologo e formatore, che coordina
l’iniziativa. La supervisione scientifica è a cura di Giuseppe Tacconi, giovane
professore dell’Università di Verona, Centro di Ricerca Educativa e Didattica
(CRED).
Parlando con alcuni membri dello staff, si percepisce
che il ritorno che ciascuno si attende dal proprio impegno è il piacere di
collaborare a un progetto ritenuto valido, e di farlo insieme a colleghi motivati,
rispettosi delle idee degli altri, disponibili a venirsi incontro per risolvere
le comprensibili difficoltà di un progetto impegnativo, non in presenza,
«portato avanti su base volontaria», come tiene a precisare l’ideatore.
«Storie di didattica» è un progetto di
formazione e ricerca basato sulla narrazione della pratica professionale docente.
Attraverso un apposito form, ogni insegnante può inviare le proprie narrazioni,
che vengono pubblicate in un blog dedicato. Una sorta di «antologia “in
progress” di storie autentiche», si legge nel comunicato, «vive e pulsanti, messe
in rete al fine di promuovere la condivisione e il confronto tra docenti come
strumento di autoformazione».
«In un periodo così problematico per la
scuola, “Storie di didattica” rappresenta un’azione di resistenza creativa allo
svilimento del ruolo dell’istruzione e dei docenti. La scuola che si racconta riflette
sulle proprie criticità e valorizza il grande patrimonio di professionalità che
altrimenti continuerebbe a restare chiuso dentro le aule».
Inutile dire che i racconti devono essere
brevi, vengono pubblicati in modo anonimo, così da tutelare meglio la privacy
degli alunni. Sul Portale appariranno i nomi delle autrici e degli autori
dell’antologia, ma senza un collegamento con le rispettive storie. È prevista
anche la possibilità di un servizio di «assistenza» per quanti desiderano
raccontare, ma hanno qualche timore nel cimentarsi.
«Non abbiamo velleità letterarie, quindi
pubblichiamo le storie così come vengono inviate dai rispettivi autori, purché
rispondano allo scopo del progetto», ci dice con piglio sicuro una vivace
collega dalla cadenza nordica, che non perde l’occasione per dire che «nello
staff c’è ancora posto per chi volesse dare una mano».
I partecipanti «andranno a costruire una
comunità di apprendimento in grado di andare oltre i confini e le restrizioni
di tempo e di spazio di una interazione in presenza; in questo senso la sperimentazione
della comunità virtuale costituisce una novità di rilievo». Marconato ci crede molto.
E a chi gli chiede: come narrare, che cosa narrare? «Bisogna farlo», dice, «in
modo immediato, denso, anche informale; descrivendo situazioni ed episodi della
propria vita professionale, raccontando la relazione educativa, i metodi e le
strategie dell’agire didattico; interessano storie di empatia, ma anche di
conflitto».
Cari colleghi, auguri! Speriamo che possiate
trovare nel Portale qualche storia in più anche grazie a queste righe.
Molto molto interessante questa iniziativa! Io sono un'appassionata di scrittura e credo che questa abbia sicuramente una funzione terapeutica. Credo che potrei raccontare la mia splendida esperienza di insegnamento in carcere.
RispondiEliminaA presto!
Monica, sarebbe un contributo interessante!
RispondiEliminaPer capire bene il taglio che interessa, a parte il resto delle notizie del Portale, ti consiglio di dare un’occhiata ai suggerimenti su “come narrare ai fini di questo progetto specifico”: http://www.storiedididattica.it/index.php/come-dovrei-narrare
Casomai, il mio indirizzo e-mail è sergio.fenizia (at) gmail.com
Grazie mille, adesso trovo un attimo di calma e mi organizzo! Pensa che ho raccolto scritte tutte le mie impressioni sul carcere...mi sarebbe piaciuto farne un libro, o almeno un racconto!
RispondiEliminaTenere traccia di ciò che si fa è molto utile: per fare meglio, per evitare di ripetere errori, ecc.
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